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12/09/2014
OPERA AL VERO. INTERVISTA A COLUM MCCANN
OPERA AL VERO. INTERVISTA A COLUM MCCANN
da D Repubblica
Colum McCann è un uomo passionale e generoso, che vede con dolente lucidità l'ingiustizia del mondo, ma rifuta di soccombere al disincanto e al pessimismo. Dublinese, si è trasferito a 21 anni a New York dove ha sposato una donna americana con madre italiana, dalla quale ha avuto tre fgli. Racconto questi dettagli perché la famiglia è uno degli elementi imprescindibili della sua personalità, così come la volontà di conoscere culture e tradizioni diverse dalla sua. Questo magnifco romanziere, giunto alla consacrazione internazionale con qualche anno di ritardo rispetto agli autori della sua generazione, ricerca sia nella scrittura che in ogni attività quotidiana, la sincerità, e fnisce per immergersi anima e corpo in realtà anche lontane, senza tuttavia mai perdere di vista la propria realtà più intima. È stato così per Zoli , ambientato nel mondo dei Rom, per Dancer, nel quale raccontava la vita di Rudolph Nureyev, e per Questo bacio vada al mondo intero , un successo da un milione di copie con cui ha vinto il National Book Award. Innamorato della vita in maniera focosa, McCann affronta ogni scelta in chiave morale, anteponendo la nobiltà e la giustizia anche alla propria salute: poche settimane fa ha difeso una donna sconosciuta dalle mani del compagno che la malmenava, pagando il suo coraggio con un ricovero in ospedale con la mascella e molti denti rotti. Oggi racconta che lo rifarebbe sconcertato per il fatto che nessun altro tra i passanti avesse pensato di intervenire, poi si mette parlare degli infniti progetti che ha in mente per rendere il mondo un posto migliore attraverso la condivisione letteraria e la solidarietà. Questa appassionata dimensione etica è presente nel suo sesto libro, intitolato TransAtlantic , nel quale racconta tre vicende separate nel tempo: la prima trasvolata atlantica, nel 1919, tra Terranova e l'Irlanda a opera di Jack Alcock e Arthur Brown; la visita del 1845 a Dublino di Frederick Douglas per promuovere l'autobiografa nella quale raccontava la propria esperienza da schiavo; il viaggio in Irlanda nel 1998 del senatore americano George Mitchell per condurre i negoziati di pace che rimasero alla storia come "gli accordi del Venerdì Santo". «Sono sempre stato ossessionato dall'idea di uno schiavo di colore in Irlanda», mi racconta all'Hunter College, dove tiene un corso di scrittura creativa. «Un uomo che ha sofferto l'abominio della schiavitù e viene ad offrire la propria testimonianza proprio nel momento di massima crisi del mio Paese: erano gli anni della carestia delle patate. Il romanzo nasce da quell'immagine, ma nel momento in cui ho cominciato a scriverlo ho pensato a come renderlo attuale, e quale fosse il tema più importante dell'Irlanda moderna. E mi è venuto in mente che il processo di pace è stato gestito da un americano: anche quest'ultimo ha fatto la traversata in senso inverso alle emigrazioni, come anche Frederick Douglas e gli aviatori che trasvolarono l'oceano nel 1919. Du qui è nata la rifessione sull'emigrazione: cosa si perde lasciando il proprio Paese e quale è l'essenza più intima della terra che accoglie». I suoi protagonisti sono uomini realmente esistiti, tuttavia i collegamenti della storia si devono a donne immaginarie. Ho sempre amato descrivere le donne, perché hanno il ruolo più ingrato, ma non meno signifcativo, per far andare avanti il mondo. Spesso i grandi momenti della storia - specie quelli segnati dalla violenza - hanno avuto per protagonisti gli uomini, ma è importante ribadire che questa è solo la superfcie: il mio libro cerca di rendere merito a tutti». Cosa aggiunge alla narrativa un personaggo reale? «Dopo i primi due romanzi, che avevano protagonisti immaginari, ho capito che la realtà offre più libertà dell'immaginazione. Per quanto mi riguarda le due categorie si sono comunque intrecciate da sempre: penso ad esempio a mio nonno, che immagino a Dublino all'inizio del secolo scorso: in realtà l'ho incontrato una sola volta, molto anziano, e ogni sua immagine si sovrappone a quella del Leopold Bloom di Joyce. Mi chiedo sempre cosa sia vero nel mio ricordo, e se anche l'intera storia del mondo non abbia molti elementi di fnzione e fantasia. Spesso l'immaginazione ci racconta verità più profonde della realtà, che tuttavia continua a rimanere sorprendente. E a questo punto si apre una nuova questione: chi ha il diritto di raccontare la storia? È vero che la fanno sempre i vincitori?». I suoi personaggi sono raccontati nei momenti di massima tensione. «Non si tratta solo di un espediente narrativo, ma del tentativo di cercare la verità: io cerco sempre l'ordinario nello straordinario e viceversa. E ripenso ancora una volta alle donne, e alla loro grandezza nella quotidianità». Stiamo assistendo a un ritorno a romanzi di struttura classica, spesso di notevole lunghezza: penso ai due grandi fenomeni di questo anno, Il Cardellino di Donna Tartt e La mia lotta di Karl Ove Knausgaard. «Credo che ci sia un rigetto nei confronti del minimalismo, nato a sua volta in opposizione agli eccessi edonisti degli anni 80. Viviamo in un periodo in cui siamo assaltati dalle immagini e c'è il ritorno al piacere per la parola. Nello stesso tempo assistiamo al ritorno del racconto breve. «Molti maestri si ci stanno cimentando con successo, a cominciare da Don De Lillo. Per non parlare di Alice Munro, che non ha mai scritto un romanzo. Un tempo gli editori erano più scettici: storicamente i racconti vendono di meno, ma ora sta cambiando tutto, anche perché è più facile leggerli sui tablet. Io credo che ci sarà a breve una nuova età aurea del racconto, magari con storie collegate tra loro». Il suo stile è spesso fatto di frasi molto brevi, a volte appena tre parole. «L'ho adottato in questo romanzo, per sottolineare l'idea di realismo: un modo per dire le cose sono andate veramente così, senza bisogno di fronzoli. Ma devo ammettere che quando scrissi Dancer composi una frase di 40 pagine, e l'intento era lo stesso: la verità è che le nostre intenzioni sono dominate sempre da una realtà più grande, intima e a volte misteriosa. E la nostra ricerca della verità si scontra sempre con convinzioni fragili e fallaci».
ANTONIO MONDA

Foto di Jean-Luc Bertini/Pasco, Foto di Culture Club/Getty,

Foto: Colum McCann è nato nel 1965 in Irlanda e dalla fine degli 80 vive e lavora a New York.

Foto: TransAtlantic , il nuovo romanzo di Colum McCann che Rizzoli manda a giorni in libreria (19 euro) narra le storie inrecciate lungo due secoli dei transvolatori atlantici Alcock and Brown (foto in alto), dell'ex schiavo Frederick Douglass e del senatore Usa George Mitchell. Il libro è stato finalista al Booker Prize 2013.
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