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01/12/2014
CARI NEMICI, VI SCRIVO. FIRMATO NORMAN
CARI NEMICI, VI SCRIVO. FIRMATO NORMAN
da La Repubblica
Norman Mailer aveva solo venticinque anni quando divenne una star della letteratura mondiale grazie a Il nudo e il morto. Era il 1948, e da allora ha continuato a scrivere sino alla morte, avvenuta sessanta anni dopo, consegnando alle stampe trenta romanzi e numerosi libri di saggistica.
La qualità della sua produzione è stata altalenante: ai molti libri eccellenti si sono alternati testi meno felici, che tuttavia hanno testimoniato sempre un'esuberanza incontenibile ed una personalità "larger than life", che trova conferma nelle oltre 45.000 lettere scritte con cadenza quotidiana.
Dal momento in cui divenne celebre, Mailer cominciò a scrivere a chiunque: leader politici, artisti, scrittori, rivali e direttori di giornali, esigendo dagli interlocutori la stessa, imprescindibile passione. Un'appassionante selezione della sua corrispondenza, raccolta dal biografo J. Michael Lennon, viene pubblicata domani negli Stati Uniti. Selected Letters of Norman Mailer (Random House) offre il ritratto di un uomo ironico e contraddittorio, che ha definito se stesso nella ricerca costante dello scontro, rifuggendo con disprezzo ogni atteggiamento politicamente corretto.
Mailer ha sempre preferito la sincerità sulla verità, consapevole dell'impossibilità di raggiungere la seconda: in una lettera giovanile confessa ai genitori il timore che il successo arrivato così presto possa rappresentare un problema, e confida quindi lo sgomento di fronte alla normalità quotidiana della guerra. Le lettere rispecchiano lo stile effervescente e attento ai dettagli che diede origine al "New Journalism", ma anche la continua volontà di cercare la polemica attraverso affermazioni provocatorie, a volte gratuite: in risposta all'omaggio di una copia autografata del Manoscritto di Brodie ringrazia calorosamente Borges, aggiungendo che quanto lo scrittore argentino riusciva «a scrivere in 5 pagine, Thomas Pynchon non era in grado di farlo in 500».
In più di un'occasione Mailer appare spudorato: non ha alcuna ritrosia a chiedere ad Elia Kazan di presenziare ad una cena di fundraising spiegando che la sua presenza, possibilmente accompagnata da quella di Paul Newman, avrebbe consentito di chiedere per ogni tavolo 50.000 dollari: «Mandami una risposta dicendo solo sì o no. Io ti amo in entrambi i casi». Con Kazan rimase amico anche all'epoca del suo ostracismo intellettuale, e nel 1973 gli chiese un parere sul suo libro su Marilyn Monroe, spiegando che Arthur Miller aveva reagito in maniera livida al ritratto che ne aveva fatto: «Devo essere innocente se sono rimasto sorpreso dalla sua reazione». Sono molte le repliche alle stroncature: a Gore Vidal rinfaccia di aver manipolato le sue parole, e a Michiko Kakutani, critico del New York Times , spiega di essere lieto che abbia stroncato il suo Racconto di Oswald insieme al Teatro di Sabbath di Philip Roth. Molto fredda una lettera ad Alberto Moravia, che si ostina a chiamare per cognome dopo che quest'ultimo aveva espresso riserve su Il parco dei cervi . Sullo stesso libro chiede un parerea Marlon Brando, spiegando che non gli sta in alcun modo chiedendo di interpretarne la versione cinematografica.
Per preparare un'intervista a Fidel Castro chiede l'intervento di García Márquez («grazie, mio caro grande romanziere»), poi spiega al lider maximo che un'intervista su un giornale popolare come Vanity Fair rappresenta una buona opportunità per diffonderne le idee: dall'alto della sua fama è lui a indicare le date dell'intervistaa Castro.
Nel periodo in cui finì nell'occhio del ciclone per aver accoltellato una delle mogli cominciò a firmarsi "Saint Norman", scherzando ripetutamente sul proprio carattere iracondo, ma non c'è nulla di ironico quando promette a Truman Capote di essere pronto a difenderlo come un toro. In una lettera a Kissinger si congratula per le recensioni ottenute da un suo libro, e lo definisce un «uomo che ha la reputazione di tenere i propri abiti asciutti».
Molto affettuose le missive rivolte a Don DeLillo, con il quale si congratula per Libra . All'epoca di Underworld gli scrive: «Siamo come gli ultimi dei Mohicani, che ancora pensano di poter far qualcosa per il romanzo americano». Tuttavia, le lettere più interessanti sono quelle in cui emerge il dolore per ciò che non riusciva a controllare: con William Styron parla della grave forma di depressione di cui soffriva l'amico, e con Joyce Carol Oates dei tormenti relativi al caso di Jack Abbott, il detenuto di cui riuscì ad ottenere la liberazione perché potesse mettere a frutto il talento letterario. Fu Mailer ad aiutarlo a trovare un editore, ma il giorno in cui ne uscì il romanzo, corredato da una eccellente recensione sul New York Times, Abbott uccise nuovamente una donna.
Una delle ultime lettere lo vede scrivere a The Nation una lista in cui mette a raffronto termini e personaggi moderni con altrettanti post-moderni: il concetto "storia d'amore" è sostituito da "narcisismo", "Churchill" da "Blair", Via col vento dal Codice da Vinci , "bistecca" da "insalata", "tempesta" da "riscaldamento globale" e "guerra" da "terrorismo".

ANTONO MONDA

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