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23/07/2015
ADDIO DOCTOROW, L'EPICA D'AMERICA NARRATA CON IRONIA
ADDIO DOCTOROW, L'EPICA D'AMERICA NARRATA CON IRONIA
da La Repubblica
A conoscerlo di persona, quello che colpiva maggiormente di E.L. Doctorow era il senso dell’umorismo. Nei suoi romanzi l’ironia non era certo assente, ma appariva a tratti, spesso inaspettatamente, all’interno di storie caratterizzate dal profondo amore per i propri personaggi e lo sguardo lucido e disincantato di chi conosce, sino alla malinconia, l’eterno ripetersi dell’identico. Scriveva romanzi storici, e ne era molto orgoglioso: negli ultimi anni questa scelta lo ha penalizzato in termini di vendite, ma lui continuava a difenderla ostinatamente, e anzi a stupirsi che gli scrittori più giovani sembrassero disinteressati ad analizzare l’animo umano attraverso gli insegnamenti della storia. Tra i suoi coetanei si trovava in sintonia soltanto con Philip Roth, con il quale era legato da una profonda stima reciproca: recentemente avevano entrambi dichiarato di leggere quasi esclusivamente biografie di personaggi storici.

Al tramonto dell’esistenza la narrativa era apparsa ai due scrittori una costruzione fittizia, alla quale era meglio contrapporre la verità storica, sapendo tuttavia che anche questo approccio si sarebbe rivelato fallace: l’ironia, pungente quanto amara, nasceva proprio da questa constatazione. Se si pensa all’alta e costante qualità delle sue opere, risulta incredibile che il mondo letterario lo abbia insignito solo di un premio del livello del National Book Award, ma negli ultimi due anni il presidente Obama si è speso in prima persona per la medaglia d’oro dell’American Academy for Arts and Letters e poi il premio della Library of Congress. Oggi anche il presidente piange la scomparsa di E.L. Doctorow, morto ieri a 84 anni dopo una lunga lotta contro il cancro. E lo ringrazia pubblicamente per la profondità della sue riletture storiche. E si uniscono al presidente almeno tre generazioni di narratori, che individuano in lui un maestro indiscusso quanto diverso per attitudine e stile: Doctorow sapeva di essere un uomo di un’altra epoca, profondamente radicato nella cultura classica, e innamorato di quella epica.

Lo testimoniano titoli come "Il libro di Daniel", dalle chiare risonanze bibliche, e un incipit folgorante come quello di “Homer & Langley", basato, come tutti i suoi libri, su personaggi realmente esistiti: «Sono Homer, il fratello cieco».

I suoi libri sono stati adattati ripetutamente sullo schermo, ma soltanto "Il libro di Daniel" (il titolo del film di Lumet era semplicemente “Daniel") ebbe la sua approvazione. Durissimo fu lo scontro con Milos Forman all’epoca di “Ragtime", il suo romanzo più celebre e forse più bello. Il regista, d’accordo con Dino de Laurentiis, minimizzò lo spazio narrativo di due delle tre storie raccontate, per lasciare spazio a quella dell’uomo di colore vittima di un odioso caso di razzismo.

Doctorow era consapevole che il film fosse diretto e interpretato magnificamente, ma soffriva delle scelte di sceneggiatura che smentivano l’aspetto corale con cui aveva voluto raccontare New York all’inizio del secolo scorso. I personaggi inventati erano stati rispettati, ma lui pativa enormemente il ridimensionamento della vera vicenda di Stanford White, il grande architetto statunitense che venne ucciso con un colpo di pistola alla testa da un miliardario debosciato: l’omicidio generò quello che venne definito “il processo del secolo” e si concluse con un verdetto beffa che portò alla liberazione dell’assassino. Il romanzo, che diventò un bestseller internazionale, rifugge anche in quel passaggio ogni sensazionalismo, e come sempre Doctorow si interroga sui grandi temi: la fallacia della giustizia, la fragilità dei sentimenti, l’odio sociale e razziale, e la dolorosa persistenza del male. Ebbe maggior fortuna cinematografica con l’adattamento di “Billy Bathgate" diretto da Robert Benton su una sceneggiatura di Tom Stoppard: in questo caso il commediografo inglese comprese in fondo la riflessione morale dell’autore sul raggelante fascino del crimine e la volontà di comprendere da cosa è segnata la sensibilità di un giovane negli anni della formazione.

Nativo del Bronx da genitori ebreo-russi, Doctorow raccontava di essere stato destinato alla scrittura e all’amore per il proprio paese sin dalla nascita: il nome Edgar era stato scelto in onore di un grande della letteratura statunitense come Edgar Allan Poe. All’inizio identificò la cultura unicamente con il continente europeo.

La scoperta della storia e della cultura del proprio paese avvenne quando cominciò a lavorare come editor, seguendo il lavori di autori diversissimi quali Norman Mailer, Ian Fleming, Ayn Rand e James Baldwin. Si trattò di un vero e proprio innamoramento culturale, che testimoniò nei corsi di letteratura — tuttora leggendari — a Yale e Princeton, e nei saggi dedicati a due scrittori squisitamente americani come Jack London e Ernest Hemingway. L’innamoramento andò di pari passo con una riflessione critica e distaccata: sintomatico in tal senso la rilettura del processo ai coniugi Rosenberg nel “Libro di Daniel", così come l’evoluzione narrativa della vicenda de “La fiera mondiale", ambientato all’epoca della Grande Depressione. All’interno di una scelta linguistica estremamente classica, Doctorow è riuscito a spiazzare ripetutamente lettori e critici con invenzioni linguisticamente innovative: la voce narrante dei suoi libri a volte è inaffidabile, con risultati suggestivi e sorprendenti. Non meno affascinante il modo in cui ha mescolato i personaggi reali con quelli immaginari: l’intento non era far comprendere l’intimità di chi è realmente vissuto, ma l’assoluta impossibilità di catturarne la psiche, forse anche l’anima. Negli ultimi anni è comparsa tra i suoi temi la riflessione sulla fede: in particolare ne “La città di Dio", che vede protagonista uno scrittore, un prete e un rabbino in una metropoli secolarizzata come New York. È fin troppo facile riconoscere nel libro elementi autobiografici, ma Doctorow era il primo a prenderne le distanze, dichiarando che la fede non è un approdo ma una ricerca continua. Diceva lo stesso della scrittura. ANTONIO MONDA
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